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160 | ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA |
sognare eglino di pecunia nè di esterni aiuti a proseguire la guerra Persiana, forniti di truppe e danaro per respignere chiunque osasse guerreggiarli. Quando poi uscissero della lotta vittoriosi tornerebbero novamente sudditi de’ Romani adempiendone i voleri nella stessa guisa di prima. Al soggiugnere quindi che non era lecito violare le stipulate convenzioni, ognor più i cittadini supplichevolmente insistevano, perché spogliato non venisse il Romano impero di questo baluardo; ma fermo l’imperatore nel rifiutarvisi ed iroso anzichè no abbandonolli. I Persiani accintisi ad occupare, giusta il trattato di pace, i castelli, i popoli e Nisibi, alcuni degli abitatori, privi di mezzi onde ascosamente fuggire, dichiararonsi pronti a farne i comandi. Que’ di Nisibi, impetrata grazia d’una tregua per mutare stanza, nel maggior numero si diressero ad Amida e pochi risolverono stabilirsi in altri castelli. Da per tutto in vero non udivansi che pianti ed urli, ogni città estimandosi colla cessione di Nisibi esposta alle Persiane ruberie. I Carreni provarono sì gran dolore alla nuova della morte di Giuliano, che giunsero a lapidarne il nuncio ammonticchiandogli sopra immenso cumulo di sassi. Cotanta varianza nella repubblica al morir d’un sol uomo venne prodotta.
Gioviano del resto trascorrendo a fretta le città oppresse da lutto e mestizia, i loro abitatori più non potendo, come soleano, mostrarsi lieti e giocondi, avviossi, da tutte le sue guardie scortato, ad Antiochia, e l’intero esercito accompagnando il cadavere di Giuliano condusselo nella Cilicia, ove fu sepolto in tal borgo di