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LIBRO TERZO | 147 |
co’ Persiani, e convinto di tali colpe soggiacque a pena capitale 1.
Spintosi vie più innanzi l’esercito, Arinteo frugando in quelle paludi rinvennevi e trascinò seco di molti prigioni. Ora per la prima volta gli esploratori precedenti all’esercito investiti furono da nemiche truppe, ma di colta messele in fuga, cupidamente corrono alla prossimana città. Se non che dall’opposta riva del fiume le reali truppe assaliti i saccardi, i guardiani degli armenti e gli altri tutti colà di permanenza, parte ne uccisero, e parte menaronli via prigionieri. Tale sinistro, il primo dai Romani tocco, produsse qualche smarrimento d’animo nella soldatesca.
Levato da quivi il campo eccoli ad un canale del fiume, costruito da Traiano, se vere le asserzioni di quella gente, nel portare in Persia le ostili sue armi, il quale fiume, ricevute le acque del Narmalache, va a sboccare nel Tigri. L’imperatore adunque comandò che purgato e scandagliato vi si fabbricassero ponti, avendovi in qualche luogo il destro, sopra cui traghettare il numero maggiore dell’esercito. Mentre da questa banda tale operavasi, nemici fanti e cavalieri in gran copia dalla riva di contro procacciavano tenere indietro con assalimenti chiunque osasse tentarne il trapasso. Giuliano, spettatore della nemica resistenza, sentendosi vie più animato a vincere esortava ad iroso i duci ad entrare nelle barche; ma costoro osservando la riva opposta più alta, e formatavi una maniera di siepe, in
- ↑ Vivo fu gittato nel fuoco. T. S.