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LIBRO TERZO 141

Giuliano ordinò all’esercito quivi dimorante ed agli artifici di calcare sue orme, e tagliati alberi e travi formava ponti sopra de’ canali, gittava terra nel suolo palustre, empieva le alte fosse ed allargava tanto o quanto le anguste vie; tornato poscia comodamente indietro mosse oltre coll’esercito arrivando a Bitra città, ov’era la reggia con edificj sufficienti ad ospitare l’imperatore e le truppe.

Di là partito ed assiduo nelle cominciate fatiche andava innanzi all’esercito per agevolargli il passo. In questo modo condusselo ad altro luogo privo totalmente di fabbricati, ma ingombro d’un palmeto in cui nate eranvi di molte viti che ascendevano co’ tralci alle cime di quelli alberi, e facean mostra di lor uve mescolate di datteri. Quivi pernottato, riprese col nuovo giorno il cammino, ed avvicinatosi di soverchio ad un castello1 per poco non venne ferito da un Persiano, il quale a corsa uscito da quelle mura di già menavagli la spada contro al capo. Ma egli preveduto il colpo e riparato collo scudo invanivalo, ed i militi a lui d’intorno uccisero l’assalitore insiem cogli altri suoi commilitoni, ad eccezione de’ pochi datisi alla fuga in mezzo ai nemici, ed avventurosi tanto da poter riparare nel castello. Giuliano montato in collera per così audace imprendimento osservava quelle mura girandole intorno per trovarvi lato suscettivo di espugnazione. Or mentre diretti eranvi i suoi pensieri Surena di repente investi li militi rimasi nel palmeto, mirando impadronirsi de’ giumenti e

  1. Città vien detto da Marcellino e nomata Majozamalca.