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LIBRO TERZO 137

gemma, trapassava senza timore il fiume, e fattolo valicare dalla cavalleria sopra un ponte formato di barche, e sopr’altro naviglio, raccolto lungo il canale, tra gittati i fanti, avvicinossi franco da ogni nemica offesa alla città nomata Bersabòra1 per esplorarne così la grandezza come la posizione ed il fortificamento. Ella avea doppio muro all’intorno con rocca nel centro parimente circondata di muro, in apparenza simile a segmento di circolo, e conduceavi un sentiero, di malagevole salita, dall’interna cinta della città. Oltre di che alla parte occidentale, verso il meriggio, eravi tortuosa ed obbliqua uscita. Da settentrione difendeala un largo canale tiratovi dal fiume, della cui acqua i cittadini valeva nei pei bisogni della vita. Un terrapieno infine con sovrappostovi palancato di forti stecconi tra loro incrocicchiati e prosonda fossa circuivanne la banda orientale. Vicino poi alla fossa aveanvi grandi torri dal mezzo infino al suolo costruite di cotti mattoncelli insiem rattenuti da bitume, e dalla metà alla cima di eguali mattoncelli e gesso.

Giuliano fermo nel proposito di conquistarla esortava i militi a por mano all’opera; se non che inoltrando costoro, prontissimi al ricevuto comando, il popolo addimandava la imperiale protezione, ed ora chiedea che inviato fossegli Ormisda per venire agli accordi, ora con villanie ed oltraggi denigravane la riputazione appellandolo fuggitivo, esule e traditore della patria. Il di che Giuliano ragionevolmente adiratosi ordinò al-

  1. Pirisabora (Marcellino). T. S.