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LIBRO TERZO 131

trapie, e l’altra per l’Eufrate e Circesio (castello di tal nome, circondato dal fiume Abora, dall’Eufrate stesso e contiguo alle Assirie frontiere). L’imperatore intanto che stava deliberando a quale dare la preferenza, riceve notizia che i Persiani, ostilmente entrati nel Romano suolo, ponevanne a guasto ovunque i luoghi; al quale annunzio levossi qualche tumulto negli accampamenti. Ma Giuliano chiaritosi costoro esser ladri anzi che no, e dopo il saccheggio postisi in fuga, risolvè di lasciare assai forte presidio nelle campagne presso del fiume Tigri, onde i Persiani, mentre con tutto l’esercito battendo altro sentiero passava nel tener loro, non molestassero di celato Nisibi e l’attigua regione sprovveduta di truppe ed aiuti. Opinò dunque farvi rimanere diciottomila armati alla greve sotto la capitanarla di Sebastiano e Procopio. Egli poi con l’intero esercito inoltrando per l’Eufrate divise le truppe in due corpi, acciocchè al mirare del nemico lo rispingessero, onde impedirgli di travagliare con isfrenatezza somma il suolo ovunque s’avvenisse.

Compiuti questi provvedimenti presso i Carri, la cui città separa i Romani dagli Assirj, volle da elevato luogo, gittando lo sguardo sopra l’esercito, osservarne così le pedestri legioni come le turme dei cavalieri, ascendendo il numero di tutte le milizie a sessantamila. Partitosi a fretta dai Carri, passato per gl’interposti castelli infino a Callinico, e da quivi all’antedetto Circesio, donde, tragittato il fiume Abora, solcò in nave le acque dell’Eufrate. Seguivanlo i militi con seco la vittuaglia, imbarcatisi quanti di essi ricevuto aveanne