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LIBRO TERZO 121

in Treviri, metropoli nobilissima de’ popoli di là dalle Alpi, al mirare i predatori che di stanza nell’opposta piaggia del Reno, tragittato il fiume, travagliavano con iscorrerie le città, abbottinando liberamente le generali fortune (Giuliano ottenuto ancora non avendo il potere annesso al titolo di cesare), iva escogitando la maniera di camparle da tanta sciagura. Ma guardingo dal venire ad intraprendimenti non autorizzatovi da legge veruna, principiò solo e celato entro foltissime selve ad attendere gli assalimenti de’barbari per uscire di nottetempo loro addosso mentre stavansi avvinazzati dormendo; spiccati allora a quanti potea i capi dagl’imbusti, e portandoli nella città faceane mostra alla popolazione. Il di che, proseguendo nella sua costumanza, metteva non poco indugio e timore ne’ predoni, ignorando eglino come ciò avvenisse, ma ben conoscendone il danno all’osservare quasi ogni dì scemate lor truppe. In seguito unitiglisi altri ladri e giunti a qualche numero, avvegnachè ad uno ad uno capitati, Cariettone (nome di colui che primo dato erasi a cosiffatte insidie contro ai predatori) venuto al cesare palesogli l’arcano per lo innanzi ignoto a molti. Giuliano pertanto, mal disposto a frenare coll’esercito i notturni ed occulti scorrazzamenti de’ barbari (soliti in picciol numero ed in molti luoghi ad eseguire le ruberie, e sull’aggiornare ad ascondersi ne’ boschi vicini alle campagne, ove i furti commessi fornivan loro i bisogni della vita), e rammentando quanto malagevol si fosse il domarli, trovossi dalla necessità costretto alla riso-