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LIBRO SECONDO 103

mani stessi, e vie meno imperatore essendo il figlio di Costantino, sotto il cui reggimento eretto aveano molti trofei per vittorie sopra de’ barbari conseguite; quindi a Magnenzio dirizzando la parola, aggiugneva: Voler giustizia ch’ei veneri la memoria dì Costantino, e rammenti i beneficj da lui così alla sua persona come ai parenti derivati, il possesso di quell’amicizia stato essendogli sorgente di grandissime onoranze. Dopo tali osservazioni esortavalo a partire dall’Italia ritenendo i popoli di là dalle Alpi, ed avendo sopr’essi tutta la imperiale giurisdizione.

Il costui ragionamento per poco non turbò l’intero esercito. Laonde Magnenzio intimoritosi e durando molta fatica ad ottenere che la commossa truppa consentissegli dare qualche risposta, dichiarò essere pur egli amante della pace, e, tosto comandò che si ritirasse l’adunanza, volendo intrattanto ponderare le avute proposte, riserbandosi a far palese nel seguente giorno la sua determinazione. Separatisi tutti, Marcellino accoglieva Filippo siccome quegli che albergarlo dovea. Fra questo mezzo Magnenzio iva nel suo capo ravvolgendo se convenissegli accommiatare il legato senza decidersi a nulla, o pure, violando il diritto de’ nunzj, ritenerlo. Estimò dunque invitare a cena i prefetti delle coorti, i decurioni e quanti altri aveano comando sopra le milizie, e seduti al desco renderebbeli partecipi della sua intenzione. Eseguito il fatto divisamento Magnenzio col nuovo giorno tornato a ragunare l’esercito ricordògli tutte le vessazioni sofferte da Costante nello stato d’ebbrezza. Di più aggiugnea che le stesse truppe mal com-