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sozzi; non per altro, se non che sono fattezze di più belle donne, e non di questa una; sicchè pare, che ella le abbia prese in prestanza da questa e da quell’altra. E per avventura che quel dipintore, che ebbe dinanzi a sè le fanciulle calabresi, niuna altra cosa fece, che riconoscere in molte i membri che elle aveano quasi accattato chi uno e chi un altro da una sola; alla quale fatto restituire da ciascuna il suo, lei si pose a ritrarre; immaginando che tale e così unita dovesse essere la bellezza di Venere.

143. Nè voglio io che tu ti pensi, che ciò avvenga dei visi e delle membra o de’ corpi solamente; anzi interviene e nel favellare e nell’operare nè più, nè meno. Che se tu vedessi una nobile donna e ornata posta a lavar suoi stovigli nel rigagnolo della via pubblica, comeche per altro non ti calesse di lei, sì ti dispiacerebbe ella in ciò, che ella non si mostrerebbe pure una, ma più; perciocchè lo esser suo sarebbe di monda e di nobile donna; e l’operare sarebbe di vile e di lorda femmina: nè perciò ti verrebbe di lei nè odore, nè sapore aspero, nè suono, nè colore alcuno spiacevole, nè altramente farebbe noia al tuo appetito; ma dispiacerebbeti per sè quello sconcio e sconvenevol modo e diviso atto.