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che ciascuno gli rifiuta. Similmente il rompere altrui le parole in bocca è noioso costume, e spiace non altrimenti che quando l’uomo è mosso a correre e altri lo ritiene.

124. Nè quando altri favella, si conviene di fare sì, che egli sia lasciato e abbandonato dagli uditori, mostrando loro alcuna novità, e rivolgendo la loro attenzione altrove: chè non istà bene ad alcuno licenziar coloro che altri e non egli invitò.

125. E vuolsi stare attento quando l’uomo favella, acciocchè non ti convenga dire tratto tratto: Eh? o come? il qual vezzo sogliono avere molti. E non è ciò minore sconcio a chi favella, che lo intoppare ne’ sassi a chi va. Tutti questi modi, e generalmente ciò che può ritenere, e ciò che si può attraversare al corso delle parole di colui che ragiona, si vuol fuggire.

126. E se alcuno sarà pigro nel favellare, non si vuol passargli innanzi, nè prestargli le parole; comechè tu ne abbi dovizia e egli difetto; chè molti lo hanno per male, e specialmente quelli che si persuadono di essere buoni parlatori; perciocchè è loro avviso, che tu non gli abbi per quello che essi si tengono, e che tu gli vogli sovvenire nella loro arte medesima; come i mercatanti si recano ad onta, che altri profferisca loro denari, quasi eglino non ne abbiano e siano poveri e biso-