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santi gloriosi avessero dette così vili parole, com’è a dire:
E lascia pur grattar dove è la rogna
che sono imbrattate della feccia del volgar popolo, siccome ciascuno può agevolmente conoscere.
115. Adunque ne’ distesi ragionamenti si vogliono avere le sopradette considerazioni, e alcune altre; le quali tu potrai più adagio apprendere da’ tuoi maestri, e da quella arte che essi sogliono chiamare rettorica. E negli altri bisogna che tu ti avvezzi ad usare le parole gentili e modeste, e dolci sì, che niuno amaro sapore abbiano; e innanzi dirai: — Io non seppi dire, chè voi non m’intendeste: pensiamo un poco, se così è come noi diciamo: piuttosto che dire · voi errate, o e’ non è vero, o voi non la sapete; — perocchè cortese e amabile usanza è lo scolpare altrui, eziandio in quello che tu intendi d’incolparlo: anzi si dee far comune l’error proprio dello amico; e prenderne prima una parte per sè, e poi hiasimarlo e riprenderlo. — Noi errammo la via; e noi non ci ricordammo ieri di così fare; comechè lo smemorato sia pur colui solo, e non tu. E quello che Restagnone disse a’ suoi compagni non istette bene: — Voi, se le vostre parole non mentano. Perchè non si dee recar in dubbio la fede altrui;