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meno assai più agevol cosa è il conoscere che amendue favellano forestiero, che il tener le risa delle nuove sciocchezze che loro escono di bocca.

112. Favelleremo adunque noi nell’altrui linguaggio, qualora ci farà mestiero di essere intesi per alcuna nostra necessità; ma nella comune usanza favelleremo pure nel nostro, eziandio men buono, piuttosto che nell’altrui migliore; perciocchè più acconciamente favellerà un lombardo nella sua lingua, quale s’è la più difforme, che egli non parlerà toscano, o d’altro linguaggio; pure per ciò che egli non arà mai per le mani, per molto che egli si affatichi, sì bene i propri e particolari vocaboli come abbiamo noi toscani. E se pure alcuno vorrà aver risguardo a coloro co’ quali favellerà; e perciò astenersi da’ vocaboli singolari, de’ quali io ti ragionava; ed in luogo di quelli, usare i generali e comuni, i costui ragionamenti saranno perciò di molto minor piacevolezza. Dee oltre a ciò ciascun gentiluomo fuggir di dire le parole meno che oneste. E la onestà de’ vocaboli consiste o nel suono e nella voce loro, o nel loro significato; conciossiacosachè alcuni nomi vengano a dire cosa onesta, e nondimeno si sente risonare nella voce istessa alcuna disonestà.

143. E dei sapere che, comechè due o più parole vengano talvolta a dire una medesima