Pagina:Della Casa - Opere varie, 1855.djvu/54

50

campare la persona, chè era seguitato da’ suoi nimici; e dinanzi a Teseo pervenuto, sentendo favellare una sua figliuola, e alla voce riconoscendola, perciocchè cieco era, non badò a salutar Teseo, ma, come padre, si diede a carezzar la fanciulla; e ravvedutosi poi, volle di ciò con Teseo scusarsi, pregandolo gli perdonasse. Il buono e savio re non lo lasciò dire, ma disse egli: — Confortati, Edipo, perciocchè io non onoro la vita mia con le parole d’altri, ma con le opere mie: la qual sentenza si dee avere a mente; e comechè molto piaccia agli uomini che altri gli onori, nondimeno, quando si accorgono di essere onorati artatamente, e lo prendono a tedio, e più oltre, lo hanno anco a dispetto; perciocchè le lusinghe, o adulazioni che io debba dire, per arrota1 alle altre loro cattività e magagne, hanno questo difetto ancora, che i lusinghieri mostrano aperto segno di stimare che colui cui essi carezzano, sia vano e arrogante, e oltre a ciò tondo e di grossa pasta e semplice sì, che agevole sia d’invescarlo e prenderlo. E le cirimonie vane ed esquisite e soprabbondanti sono adulazioni poco nascose, anzi palesi e conosciute da ciascuno, in modo tale che coloro che le fanno a fine di guadagno, oltra quello che io dissi di sopra della loro malvagità, sono eziandio spiacevoli e noiosi.


  1. Per giunta, dal verbo arrogere.