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mo noi non disubbidire a quello del nostro.

68. E queste nomino io cirimonie debite; conciossiachè elle non procedono dal nostro volere, nè dal nostro arbitrio liberamente; ma ci sono imposte dalla legge, cioè dall’usanza comune. E nelle cose che niuna scelleratezza hanno in sè, ma piuttosto alcuna apparenza di cortesia, si vuole, anzi si conviene ubbidire ai costumi comuni, e non disputare, ne piatire con essoloro.

69. E quantunque il baciare per segno di riverenza si convenga dirittamente solo alle reliquie de’ santi corpi e delle altre cose sacre, nondimeno se la tua contrada arà in uso di dire nelle dipartenze: — Signore, io vi bacio la mano, o io son vostro servidore; o ancora, vostro schiavo in catena; — non dei esser tu più schifo degli altri, anzi e partendo e scrivendo, dei e salutare e accommiatare non come la ragione, ma come l’usanza vuole che tu facci; e non come si soleva o si doveva fare, ma come si fa: e non dire: — E di che è egli signore? o È costui forse divenuto mio parrocchiano, che io gli debba così baciar le mani? — perciocchè colui che è usato di sentirsi dir signore dagli altri, e di dire egli similmente signore agli altri, intende che tu lo sprezzi, e che tu gli dica villania quando tu il chiami per lo suo nome, o che tu gli di’ Messere, o gli dai del Voi per lo capo.