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e da’ sogni per la loro vanità; sicchè bene le possiamo accozzare insieme e accoppiar nel nostro Trattato, poichè ci è nata occasione di dirne alcuna cosa.

64. Secondo che un buon uomo mi ha più volte mostrato, quelle solennità che i cherici usano dintorno agli altari e negli uffici divini, e verso Dio e verso le cose sacre, si chiamano propriamente cirimonie: ma poichè gli uomini cominciarono da principio a riverire l’un l’altro con artificiosi modi fuori del convenevole, ed a chiamarsi padroni e signori tra loro, inchinandosi e storcendosi e piegandosi in segno di riverenza, e scoprendosi la testa, e nominandosi con titoli isquisiti, e baciandosi le mani, come se essi le avessero, a guisa di sacerdoti, sacrate; fu alcuno che non avendo questa nuova e stolta usanza ancora nome, la chiamò cirimonia, credo io per istrazio, siccome il bere ed il godere si nominano per beffa trionfare: la quale usanza senza alcun dubbio a noi non è originale, ma ſorestiera e barbara e da poco tempo in qua, onde che sia, trapassata in Italia: la quale, misera, con le opere e con gli effetti abbassata ed avvilita, è cresciuta solamente e onorata nelle parole vane e ne’ superflui titoli.

62. Sono adunque le cirimonie, se noi vogliamo aver risguardo alla intenzione di coloro che le usano, una vana significazion di