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tutte le sue azioni. Perchè non cede il modesto allo acceso in cosa onesta, e senza danno o scandolo alcuno? essendo massimamente molto più laudabile il perdere e cedere a tempo, che il vincere e lo star di sopra fuor di tempo: voi mi direte: M. Ieronimo mi ha offeso. Ed io non vel niego: ma quando vi ha S. M. offeso? a tempo che egli era fuor di sè, e fuor di sua podestà; cioè essendo adirato forte; chè così è in vero come Terenzio disse: prae iracundia, Menedeme, non sum apud me: e un’ altra volta: mitte iracundiam, atque ad te redi. Debbe dunque M. Carlo, che è sempre in sè, e che non è sottoposto all’ ira, guardar tanto a quello che i suoi amici dicono vinti dalla collera, nel tempo che sono alienati della mente che egli dimentichi le cose che quei medesimi hanno fatte e operate verso di lui piene di amore e di cortesia, a tempo che essi sono stati nel loro sentimento sincero e non alterato? Certo no che nol debbe fare: ed io son certo, che voi non lo farete, anzi che voi mi manderete quel libro con buona grazia di quelli Illust. Signori ed anco scriverete a M. Ieronimo amorevolmente secondo la vostra usanza, e donerete a me, al quale non avete mai negato alcuna cosa, questo poco di sdegno, ed io lo getterò nel profondo di questo mare, acciocchè egli sia in tutto estinto e disperso. E lo atto, che