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tir di M. leronimo non sia chi abbia placato l’uno e l’altro di voi, o che la prudenza de!– l’uno e dell’altro; passato quel primo impeto, non si sia corretta e ravveduta. Conciossiache gli amici cari, e gli uomini prudenti, debbono perdonar l’uno all’altro anco le offese gravi per mantener l’amicizia, e non esser rigidi e duri nelle differenze minime, come io giudico che sia questa che è fra voi, la quale è non solo minima, e di nessun conto, ma piuttosto vana e nulla; chè io per me non so vedere dove ella consista. E perchè se due miei fratelli fossero a quistione insieme io non saprei come io dovessi fare, per mantenermi amico di amendue, altro, che concordarli insieme; così mi pare debito mio di interpormi fra voi, i quali io amo più che mai fosse amato fratello alcuno, e pregar l’uno e l’altro quanto io posso più caramente, che mi donino le loro differenzie, le quali io accetterò in molto maggior grado che alcuno altro presente e dono che mi potesse esser fatto da voi amendue. E contentatevi l’uno e l’altro di mandare quell’ istoria in mano mia di presente, chè io lascerò stare alcuni altri miei studi per ora e leggerolla con ogni diligenza: e forse mi aiuterà tanto la reverenza, che io porto a quella felicissima memoria, che io potrò levar qualche erroruzzo che S. S. R. avesse per caso lasciato in quel libro. Caro