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e molti alla guerra, ed ai pericoli, ed a’ disagi mortali, per acquistar minor gloria assai che quella, che s’acquista per via d’ozio e di studio come io t’ho detto tante volte, e come tu medesimo vedi. Sforzati dunque d’aver più pazienza che tu puoi, e piglia gli studi per arte; che se tu il farai, sono certo che di qui a dieci anni e di qui a venti tu mi arai più obbligo di questo consiglio che io ti do, che se io ti avessi lasciato l’arcivescovado e tutto il patrimonio; siccome ho più caro io di averlo fatto in parte benchè con poco successo, che io non ho altra cosa, che io abbia mai avuto. M. Luigi è entrato in una opinione che M. Pandolfo sia indebolito di cervello, il che è falso come tu sai: ma tuo padre non si può immaginare quanto posson alcuni appetiti, come quello del giuoco, perchè esso non gli ha mai avuti, ed io gli ho scritto mille volte, che M. Pandolfo è tanto inchinato a questa maledizione, che non si può creder più, uè tanto; ma che nel resto è piuttosto di migliore intelletto che gli altri comunemente, che di peggiore, e credolo aver detto a te similmente. Ho scritto a M. Pandolfo, che venga qua e non resterò di far per lui quel che io potrò, che non mi voglio chiarir si tosto, come suo padre. Ti raccomando M. Stefano, il quale io amo assai, è quando vi sarà venuto a noia a tutti, lo voglio io per me, chè so bene quanta