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aiutato io stesso alle lettere, e comincia assai per tempo; e tu cominciasti prima a fuggirle, a odiarle, a sprezzarle; e se’ stato solo in questo tanto sollecito, che tu se’ si tosto sparito d’innanzi a chiunque n’ ha ragionato, che tu non ne sai una. Orsù i principii delle lettere sono amari; non è gran fatto, che i giovanetti le schifino; io n’ ho veduti molti, e ancora tu li vedi, che ne sono stati vaghissimi; ma sia come tu vuoi dell’amarezza delle lettere. Veggiamo la musica, haila tu abbandonata? Il ballare, lo schermire, il cavalcare, la caccia? Queste pur sono virtù da giovane, e potevili usare; anzi v’eri invitato ognora, e di alcune avevi i principii, e di tutte i mezzi e gli stromenti. Può essere che tu abbi tanta mistà con le cose laudabili, che tu fugga e ricusi ciò che ha in sè pure un poco di somiglianza di virtù? Hai tu mai pensato pur solamente d’esser bel parlatore, bello scrittore; sapere o dell’ istoria, o de’ bisogni della guerra, de’ costumi degli uomini; almeno di quest’altre cose più basse, di medaglie, di pitture, di foggie? Niente. Nel tuo pensiero non è mai caduto desiderio di cosa simile a ben nessuno: così ti sei, e saraiti sempre disadatto e inutile ad ogni azione, e in ogni conversazione di gentiluomo. E intendi bene, che quanti compagni tu hai avuti, hanno che contare e che ridere delle tue balorderie, e delle tue