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LETTERA VIII. A PANDOLFO RUCCELLAI

Credeva, che le tue sciocchezze fossero finite a Cività vecchia, dove tu mi lasciasti: e poi ho veduto che quello era il prologo, e il primo atto si fece a Firenze, e il resto della commedia a Siena. Or Dio voglia che la sia finita, e ch’ella sia pur commedia. E poi -fai la scusa di non m’avere scritto che non è grave errore; e di tanto, e tanto che tu hai errato non ti scusi. Io non sono nè tanto innanzi con l’età, nè sì severo per natura, che io non abbia assai fresca memoria, e dirò ancora senso delle forze della gioventù, e come tu stesso hai veduto, io ancora giuoco alle volte e non sono alieno da molti piaceri; e però se io mi cruccio de’ tuoi portamenti strabocchevoli, e non convenienti, non solo a persona religiosa, come conviene che sia tu, ma a verun laico eziam vile e plebeo, non che ad un gentiluomo onorato; tu debbi credere che questo cruccio non venga dalla mia severità e rusticità, ma dal tuo difetto, e vizio brutto, e non tollerabile. Che può far peggio un giovine, che odiare ogni sorta di virtù, ed abbracciare ogni sorta e ogni maniera di vizio? e tu hai fatto diligentissimamente l’uno e l’altro. Io ti ho confortato. fatto aiutare, e