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perbo, o forse come pusillanimo se io non le scrivessi, ho voluto piuttosto essere riputato troppo ardito con Vostra Eccellenza che poco pietoso verso quelle persone che la natura mi costringe ad amare. Le chieggo adunque, non per alcun mio merito, nè per alcuna scusa o ragione che io possa dire a difesa di questo misero sfortunato; ma per sola misericordia, ch’ella me lo doni: il che se ella si degnerà di concedermi, io reputerò ch’ella m’abbia concessa la vita propria. E poichè io son tale, che un principe, qual Vostra Eccellenza è, non debbe aspettare nè molto servigio, nè molto disservigio da me, sia almeno sicura V. E. che il mondo e Dio benedetto, che le ha concessa tanta e sì subita vittoria, mirerà con benigno occhio che essa usi la prospera fortuna con benignità e con misericordia; e forse che l’esser graziosa verso di me le recherà qualche poco di più speziale laude, il quale, come io mi sia, son nondimeno (e siami lecito il dirlo in tanta mia necessità) secondo che io credo, non in tutto scuro appo gli uomini, nè in tutto discaro a molti principi e a molti signori, come Vostra Eccellenza avrà conosciuto per le strette raccomandazioni fatte ad istanza loro in questa causa stessa. E supplicando Dio che le adempia ogni suo giusto desiderio, le bacio umilmente la mano