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gloria. Ma i vocaboli non mutano le cose ancorché facciano confusione nelle parole e negli animi di chi non intende più oltre: la qual confusione acciocchè tu possa fuggirla, chiamerai la buona e retta e virtuosa ambizione Megalopsychia e magnanimità, e quell’ altra, che è viziosa e vana e leggiera, Filotimya e vanagloria. E sappi che la bellezza e la maestà della buona ambizione è tale e sì fatta, che così come alcuni panni d’oro rilucono eziandio dal rovescio; così la magnanimità è in tanto luminosa, ch’ ella fa risplendere ancora la sua avversa parte. Sicchè la vanagloria pare a molti laudevole; e certo è meno spiacevol vizio che alcuno altro, ma nondimeno è vizio, ed ha questo istesso incomodo più degli altri, che, avendo, come ho detto, aspetto di virtù, può ingannare più agevolmente gli uomini, e spezialmente i giovani, che non possono gli altri vizi più deformi. Alla distinzione dunque di queste due ambizioni si vuole procurar d’avere alcuna pietra, la quale, come il paragone degli orefici l’oro basso dal fino insegna a conoscere, così ci mostri quale sia la vera e quale la falsa ambizione. E certo niuna perla, niun gioiello orientale fu mai di tanto prezzo, di quanto sarebbe quella pietra che bastasse a si fatto paragone, se ella si potesse in alcun modo avere, onde che sia; ma ella si trova di rado