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e paurosi coloro, che prendono ad onorare e celebrare gli altrui veri, magnifici, e gloriosi gesti; i quali mentre si studiano di discostarsi dal costume di questa ardita e sfacciata ingannatrice, divengono eziandio nelle vere lodi soverchio timidi e vergognosi; come io ora in me stesso comprendo. Perciocchè volendo io le maravigliose bellezze della vostra Venezia, in quel modo, che le mie deboli forze sostengono, scrivere e ritrarre, nel primo cominciamento temo, non quello, di che meritamente potrei esser ripreso, cioè lo avere io avuto poco riguardo al mio basso ingegno, sì alta materia eleggendo: ma quello, che falsamente mi potrebbe essere apposto, cioè non le mie laudi sieno da molti reputate lusinghe, e la mia verità bugia, e la mia gratitudine inganno. Ma non pertanto (conciossiachè coloro, che nou hanno intera e perfetta notizia della vostra generosissima patria, non possono in alcun modo stimare, nè di gran lunga immaginare la bellezza ed il valore di lei) non accusino questi tali la mia lingua, se ella quello di voi dice, che essi giammai di altri non udirono: perciocchè coloro, che di Venezia hanno contezza appieno, iscuseranno (son certo) la voce mia, se ella a tanto e sì nuovo miracolo aggiugnere non potrà in alcun modo. E certo s’io cominciassi ora ad abitare o dimorare con esso voi, si