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guerra; ma di ciò non è maraviglia alcuna: perocchè come nelle solitudini o nelle caverne eco a chi favella risponde, e non a chi si tace: così la fama a coloro che fanno, risuona, e non a chi si sta. Non è adunque gran fatto, che il nostro ozio sia senza alcuna gloria, ed i fatti dell’ imperadore, quali che essi siano, si gridino da per tutto. Ma perocchè la fama è voce ed opinione del volgo, non è da fare di lei molta stima, nè da molta fede prestarle, siccome a vano e leggiero testimonio: anzi se noi vogliamo volgerci a guardare i suoi fatti passati, noi vedremo, che egli è più savio stato in pace, che in opera d’arme (se la malizia però, e la fraude si può propriamente opera di savio nominare); perocchè egli in poco tempo è ito addosso al re cristianissimo Francesco con tutto potere, è tre volte senza fornir sua impresa è tornato in dietro con danno e con onta; ed è ciò addivenuto non per colpa della fortuna (della quale egli non solo non si duole, anzi se ne confida e se ne gloria), ma per suo difetto, ora di tardanza e di lentezza, ed ora di rifiutare la battaglia, che potea prendere a vantaggio. Quel re adunque danzando, e festeggiando, e cacciando, la maravigliosa imperial sapienza e sollecitudine superò sì, che lo imperadore stesso si chiamò per ricreduto e per vinto da lui; ed in Alemagna, ove egli ha