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di potere al nostro scampo trovare alcun rimedio sicuro da ogui parte, e senza alcun pericolo: e se la falsa dolcezza del presente stato gli invesca, ricordinsi dell’antico proverbio (che con tanta laude di questa prudentissima repubblica nelle bocche de’ savi uomini è stato sempre) cioè, che i Veneziani veggiono le cose future, i Fiorentini le presenti, ed i Sanesi le passate; e quello, che alle due infelici repubbliche, non mirando esse al futuro, sia addivenuto riguardando, usino la providenza propria e particolare virtù di questo senato, e dalla lunga e biasimevole loro pigrizia si sviluppino, e dal nocivo e dannoso loro sonno al tuono della imperiale tempesta si sveglino. Assai dimostrato è chiaramente, Serenissimo Principe, che per riparare al pericolo, nel quale noi siamo per colpa della nostra lentezza caduti, necessario è di appigliarci ad altro partito, che ad ozio, e pigrizia, e tardità; ed a sufficienza alle obiezioni, che molti fanno, è risposto, ed apertamente provato, prima, che il vostro quieto, e debole, e lasso riposo dà segno di gravezza, e non di sanità; e poi, che non è da fidarsi al tempo, il quale instabile è per se stesso sempre, ed ora turbato niuna tranquillità ne promette, anzi di tempesta e di mortalità ne minaccia; ed oltre a ciò che l’astuta mansuetudine dell’ imperadore, e la sua infermità di