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vevano permettere il governo ed il reggimento di sè e de’ loro stati. Nè crediate che i nostri avoli ed i nostri passati, abbandonato il consiglio e la prudenza, abbiano seguito il caso e la fortuna; siccome questi tali vogliono che facciamo noi; chè se essi avessero fatto loro guida e loro governatore i dubbi accidenti ed incerti del tempo, noi non avremmo ora questa città, quale noi l’abbiamo, anzi sarebbe distrutta e sommersa; perocchè il tempo e la fortuna sempre furono mutabili, e vari, e instabili. E certo chi la nostra patria mira, scorge incontinente opera, non di pigrizia, nè di sonnolenza, nè di caso o di fortuna, ma d’industria, di vigilie, di fatica, e di prudenza. E come io ho a coloro risposto, i quali ardiscono di consigliarvi, che voi, levato via il nocchiero, diate le vele, e la preziosissima nostra barca in preda alla tempesta ed a’venti, a guisa, che coloro fanno, che di loro salute disperati sono: così a coloro dico, che dal fare la lega col re ne sconsigliano, e ne spaventano col dire che noi accenderemo (ciò facendo) l’ira dell’ imperadore, e la sua fierezza desteremo e stimoleremo, quasi esso alcuno stimolo attenda, e come se egli fosse ora verso di noi tutto placato e mansueto. Perocchè male mostrano di conoscere il maladetto spirito della monarchia, e male si ricordano, che la tirannia arde sempre di cru-