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gati, in breve tempo la nostra repubblica uccideranno. Perchè siamo noi adunque così lenti e così tardi a soccorrere al comune nemico incendio, dalla fiamma e dall’arsura del quale (quantunque egli ora nelle vicine case, e non nelle nostre appreso sia) affumicata ed avvampata è nondimeno la nostra dolcissima ed illustrissima patria? e se colui è detto buono ed accorto schermidore, che schifa il vegnente colpo quanto più può discosto da sè; perchè peniamo noi a ributtare indietro la imperiale spada, fino che ella ne sia per lo petto? e mentre che noi la veggiamo tra via ancora, non adoperiamo schermo nė scampo alcuno contro di lei? Perciocchè il tempo, al quale molti tanto si fidano, ed a cui pensano di commettere la guardia della nostra salute, niuna fede ha in sè, anzi è mutabile, e cieco, e leggieri, e non il consiglio, ma la fortuna il governa, e così agevolmente possiamo noi ricever da lui danno ed infortunio, come prosperità e vantaggio: anzi se noi vogliamo indietro volgerci, e quello, che il tempo in dieci anni contro di noi ha prodotto, guardare, pare egli arrivato, e presto più a nuocerne, che ad altro; e se il tempo insieme colla infermità dell’imperadore all’Alemagna ha portato non solo aſſanno, ma ruina; perchè ponghiamo noi danza di riposo in lui, il quale noi non possiamo reggere, nė