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consolazioni, ed a’ nostri diletti, e riposiamoci, e più dell’altrui infermità, che del nostro valore ci promettiamo, e maggior soccorso dell’altrui morte, che dalla nostra vita aspettiamo? Tacciano adunque costoro, e poiché essi non possono cacciar via la paura, occultinla almeno e nascondinla; e di sì vile e si servile pensiero dagli uomini si guardino e si vergognino. L’ imperadore non è ancora tanto vivuto, che egli non potesse avere alcuni di questi medesimi, che così veggiono da vicino il fine e la morte di lui, per avolo, e molti di noi per padre; perocchè esso di età è di quarantotto anni non ben compiuti ancora, e di natura forte e robusto, in tanto, che di leggieri sostiene le fatiche della guerra, e ’l travaglio dell’armi, e l’affanno de’lunghissimi viaggi; nè il vegliare l’atterra, nè il digiuno l’ indebolisce, nè ’l ghiaccio, e le brine, e le perpetue nevi d’Alemagua l’offendono solo le gotte alcuna volta lo fanno infermo, la qual malattia (comechè ella sia noiosa e molesta a soffrire) non solo non è mortale, ma egli si dice, che ella allunga la vita, e secondo che i medici affermano, le gotte sono per lo più indizio di gagliarda, e forte, e nerbuta natura; e però non sono i gottosi, e l’imperadore di sì poco spirito, nè di sì debole virtù, che noi li abbiamo a aver così per seppelliti, quantunque eglino alcuna volta infermino, e