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volte in bocca i troppo caldi bocconi, che a masticarli si cuocono, e a sputarli si vergognano. Sua Maestà usa di dire ancora, che noi facciamo come chi il malvagio tempo ha da vicino, che temendo forte la tempesta, niuno scampo trova, se non di sperare, che la grandine sopra gli altrui campi caggia, e non sopra i suoi; e nella nostra paura confidiamo, che l’impeto dell’ imperio tempesterà la Francia, o santa Chiesa, e non il nostro stato; e però niuna difesa e niun soccorso contro di lui non procuriamo. Laonde se noi W vorremo con attento animo le predette cose raccogliere, e con ragionevole occhio il presente stato della nostra città riguardare, noi quello non quieto e pacifico, ma turbato e pauroso essere diremo. Per la qual cosa coloro, che a mutarlo ci consigliano, non a romper la pace, ma ad interrompere la cattività, e la lenta e la pericolosa pigrizia nostra ne confortano. Apriamo dunque, Serenissimo Principe, apriamo l’animo ai loro prudenti e fedeli ammaestramenti; e per buoni e per savi approvandoli, le loro reali profferte a così opportuno tempo a noi fatte accettiamo. Nè da seguire si salutifero consiglio indietro ne ritiri la falsa dolcezza di questo vano e ignudo nome di pace, la quale noi non abbiamo in alcun modo coll’ imperadore, nè in alcuna maniera avere la possiamo, ri-