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tudine e sì diversa, che i nomi de’ malfattori non abbia molte volte uditi, e che non li sappia, e che non li gridi, e che non li scriva in diverse parti del mondo. E noi soli, Serenissimo Principe, noi soli, Eccellentissimi Signori, fingiamo di non gli sapere, nè contro di loro siamo arditi di procedere in alcun modo temendo non ciò possa l’animo di Sua Cesarea Maestà offendere; e quel dolce costume, che la nostra patria fino dalla sua puerizia e dalle fasce ha servato sempre, di essere ricevitrice e vendicatrice d’ognuno (quantunque d’infima condizione), solo che a lei ricorra, per tema dell’ imperadore interrompiamo ora in lui, che la libertà della sua patria, più che la vita, più che se stesso amò. Ma perchè vado io li segni e gi’indizi del nostro timore ricogliendo e raccontando, come se la nostra paura fosse dubbia ed occulta? Non confessiamo noi di essere avviliti ed impauriti in quello, che noi facciamo di presente, ricusando di prender l’armi per difesa di noi stessi, essendone noi invitati e sollecitati dai maggiori e dai più potenti principi del mondo? E perchè lo ricusiamo? per non incitar la superbia, per non accender l’odio del nostro acerbo e crudele inimico verso di noi, acciocchè egli non turbi e non rompa il nostro ozio, la nostra quiete, ed il nostro tranquillo stato. Oimè, signori! oimė, signori ec-