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le morbidezze, ed i privati loro comodi abbracciano e ritengono, l’imperadore non dormendo nè riposando, ma travagliando e faticando, ha la sua fierezza e la sua forza accresciuta; anzi pure in tanti doppi ha l’una e l’altra multiplicata, che io non son ben certo, che questa, che noi chiamiamo una pace, non sia piuttosto diffidenza, e pigrizia e mancamento d’animo e di vigore, che vera tranquillità; sicchè noi, come gli infermi fanno alcuna volta, più per debolezza, che per quiete stiamo in riposo. Imperocchè quella è vera pace, la quale è generata dal valore dell’animo, e dal vigore dell’armi, e quella, che figliuola è del travaglio e delle fatiche; e non quella, che nasce da ozio e da lentezza, né quella, che la pigrizia e ’l timore creano e producono, perocchè questa di così bassi e vili progenitori nascendo, non può in alcun modo esser altro che abbietta e servile; anzi tutte quelle città, che oziose sono, non per loro elezione, ma per tema d’affanno e di guerra, non hanno pace, ma servitù, e non sono tranquille, ma ubbidienti; conciossiacosachè la legittima pace sia non solamente senza sospetto e senza paura, ma eziandio senza rispetto e senza riguardo, e non solo non tema la discordia e l’armi, ma sia temuta essa dall’ armi e dalla discordia. Le quali cose, com’io dico, essendo, esaminiamo