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principi arebbe forza e potere di nuocervi; il che Dio cessi, come io spero, che sua divina Maestà farà, mirando quanto ella vi ha sempre nella sua santissima grazia tenuto siccome suo fedel campione per lei e ne’ suoi servigi militante. Assai chiaro è adunque, Vostra Maestà ritener Piacenza con suo danno e con sua perdita, ed oltre a ciò con grave querimonia di molti, e con molto sospetto generalmente di tutti. Veggiamo ora se il lasciarla le porge utile, o se le reca maggiore incomodo e disavvantaggio. E certo se ella, dando quella città non la ritenesse, ed investendone altri non ne privilegiasse se medesima, forse potrebbe dire alcuno, che lo spogliarsi di si guernito é si opportuno luogo non fosse utile nè sicuro consiglio; ma ora, concedendo voi Piacenza al duca Ottavio vostro genero e vostro servidore, ed a Madama eccellentissima vostra figliuola, e a’ due vostri elettissimi nipoti, voi non ve ne private, anzi la fate più vostra che ella al presente non è, in mano ora di questo ora di quell’ altro vostro ministro, i quali servono V. Maestà (siccome io credo) con molta fede; ma nondimeno per loro volontà e tratti dalle loro speranze, e le sono del tutto stranieri e i loro figliuoli e i loro comodi privati, non dico amano più, ma certo a loro sta di più amarli, che quelli di lei; laddove il duca Ottavio la serve e servirà