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nistra ed esecutrice della ragione; ed eglino, ora che Piacenza è venuta in man vostra colla forza, ricorrendo alle liti e a’ giudicii, fanno la giustizia della violenza serva e seguace. E quando a Vostra Maestà sarebbe stata lodevol cosa il chiedere giustizia, essi usarono i fatti e le opere; ma ora che il fare e l’operare è commendabile e debito a Vostra Maestà, voglion che ella usi le parole e le cautele, e che ella col mezzo della falsa ragione prenda la difesa della loro vera ingiustizia. A’ quali, se io ho ben conosciuto per lo passato il valore e la grandezza dell’animo vostro, niuna udienza darà ora Vostra Maestà, non che ella consenta loro alcuna cosa intorno a questo fatto; i quali assai chiaramente confessano di quanta riverenza sia degna la ragione; poichè essi medesimi, che la contrariano, sono costretti di rifuggire a lei. E se non che io crederei col raccontare i giusti fatti degli antichi valorosi uomini, offendere Vostra Maestà; quasi la sua dirittura fosse retta e regolata con gli altrui esempi, e non con la sua natural virtù; io produrrei molte istorie, per le quali chiaramente apparirebbe, la ragione e l’onestà in ogni tempo essere state più del guadagno e più dell’utile apprezzate e riverite; e direi che gli Ateniesi, per lo cui studio la virtù stessa si dice essere divenuta più leggiadra e più vaga e più