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qual cosa pochi sono che si riguardino: anzi pare, che chi meno è a ciò atto naturalmente più spesso il faccia.
15. Sono ancora di quelli che tossendo. o starnutendo fanno sì fatto lo strepito, che assordano altrui; e di quelli che in simili atti, poco discretamente usandoli, spruzzano nel viso a’ circostanti.
16. E truovasi anco tale che, sbadigliando, urla o ragghia come asino. E tale con la bocca tuttavia aperta vuol pur dire e seguitare suo ragionamento; e manda fuori quella voce, o piuttosto quel romore che fa il mutolo, quando egli si sforza di favellare: le quali sconce maniere si voglion fuggire, come noiose allo udire e al vedere.
17. Anzi dee l’uomo costumato astenersi dal molto sbadigliare, oltra le predette cose. ancora perciocchè pare che venga da un cotal rincrescimento e da tedio; e che colui, che così spesso sbadiglia, amerebbe di esser piuttosto in altra parte che quivi; e che la brigata ove egli è, ed i ragionamenti ed i modi loro gli rincrescano. E certo, comechè l’uomo sia il più del tempo acconcio a sbadigliare: nondimeno, se egli è soprappreso da alcun diletto, o da alcun pensiero, egli non ha mente di farlo; ma scioperato essendo ed accidioso, facilmente se ne ricorda; e perciò quando altri sbadiglia colà dove sieno persone oziose