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degni, sentono gran piacere di vedersi dagl amici onorati e serviti, perciocchè giudicano quelli approvare il giudicio, il quale essi di se stessi fanno. Difficile cosa è certo lo amare uno, il quale tu non appruovi; e che uno di tali costumi, chenti detti si sono, da te approvato non sia, è facilissima cosa; nia non per tanto, Poichè la povertà t’è in odio tanto, come già disse Tiresia, trangugiarlasi conviene, e quello che ammendare non si può con buon animo sofferire, essendo massimamente il legame di questa amicizia, non la bontà o la virtù, ma l’utile e il guadagno.
29. Laonde cosa sciocca e a se stessi dannosa fanno coloro, i quali a guisa di Davo, di cui ne’sermoni ha scritto Orazio, usando al dicembre la libertà contro ai padroni dicono:
Essendo tu qual io, e forse peggiore. Di niuno profitto sono queste maniere, e spezialmente a chi contra la potenza e contra la superbia le usasse: anzi non si possono senza danno pensare, non che ridire, perciocchè elle ci levano dalla servitù e dalla osservanza dell’amico potente, senza il quale questa amicizia non può durare.
30. Non è difetto minore, ma è danno uguale di coloro i quali in qualunque ragionamento biasimano e offendono gli amici supe-