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174. Sono alcuni che hanno per vezzo di torcer tratto tratto la bocca, o gli occhi, o di gonfiar le gote e di soffiare, o di fare col viso simili diversi atti sconci. Costoro conviene del tutto che se ne rimangano. Perciocchè la dea Pallade, secondamente che già mi fu detto da certi letterati, si dilettò un tempo di sonare la cornamusa; ed era di ciò solenne maestra: avvenne, che sonando ella un giorno a suo diletto, sopra una fonte si specchiò nell’acqua; e avvedutasi de’ nuovi atti che sonando le conveniva fare col viso, se ne vergognò, e gittò via quella cornamusa. E nel vero fece bene; perciocchè non è stromento da femmine, anzi disconviene parimente a’ maschi, se non fossero cotali uomini di vile condizione che lo fanno a prezzo e per arte.

175. E quello che io dico degli sconci atti del viso, ha similmente luogo in tutte le membra. Chè non istà bene nè mostrar la lingua, nè troppo stuzzicarsi la barba; come molti hanno per usanza di fare. Nè stropicciar le mani l’una con l’altra. Nè gittar sospiri, e metter guai. Nè tremare, o riscuotersi; il che medesimamente sogliono fare alcuni. Nè prostendersi; e prostendendosi gridare per dolcezza: Oimè, oimè; come villano che si desti al pagliaio.

176. E chi fa strepito con la bocca per segno di maraviglia, e talora di disprezzo, si