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per pompa di loro parlare fanno bene spesso che il torto vince, e che la ragion perde. Sicchè non diamo lor fede in questo; e anco potrebbe essere, che eglino in ciò volessero scusare, e ricoprire il peccato della loro terra, corrotta di questo vizio; conciossiachè il riprenderla parea forse pericoloso; e temeano nou per avventura avvenisse loro quello che era avvenuto al medesimo Socrate per lo suo soverchio andare biasimando ciascuno; perciocchè per invidia gli furono apposti molti articoli di eresia e altri villani peccati; onde fu condannato nella persona, comechè falsamente; chè di vero fu buono e cattolico, secondo la loro falsa idolatria: ma certo perchè egli beesse cotanto vino quella notte, nessuna lode meritò; perciocchè più ne arebbe bevuto, o tenuto un tino. E se niuna noia non gli fece, ciò fu piuttosto virtù di robusto celabro, che continenza di costumato uomo.
169. E che che si dicano le antiche cronache sopra ciò, io ringrazio Dio, che con molte altre pestilenze che ci sono venute d’oltra monti, non è fino a qui pervenuta a noi questa pessima, di prender non solamente in giuoco, ma eziandio in pregio lo inebriarsi. Nè crederò io mai, che la temperanza si debba apprendere da sì fatto maestro, quale è il vino e l’ebrezza.
170. Il siniscalco da sè non dee invitare i