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deità, quasi che egli a sua volta componga un piccolo mondo; e Plinio aggiunge che Apione egiziano, a scusar le superstiziose credenze de’ suoi concittadini, spiegava la venerazione dello scarabeo per una somiglianza delle operazioni di questo insetto con quelle del Sole.
Le diverse incisioni ed i soggetti rappresentati nei scarabei etruschi come bighe, trighe, quadrighe, guerrieri feriti e guerrieri vittoriosi, lotte o contratti di pace, palme di mano e piante di piede, fanno supporre che essi potessero servire a premio decorativo di straordinarie imprese e di vittorie nelle tenzoni, o di alto valore in qualunque altra cosa nella stessa guisa che le torque e le armille; ma ciò contrasta col vederne spesso usati moltissimi e con ogni sorta di rappresentazioni in un sol monile: però dovremo credere che in Etruria lo scarabeo di pietra fosse soggetto primieramente di superstizione e poscia di premio e di adornamento.
I Romani imitarono dagli Etruschi lo scarabeo, e molti esempii se ne trovano di non dubbia arte romana, come pure ve ne sono alcuni di greca incisione, che per uno trovatone ad Egina, diconsi di tal città; ma in Grecia ed a Roma essi non furono altro che un superstizioso ornamento.
La setta dei gnostici, che si potrebbe in certa guisa chiamare cristiano-idolatra, ebbe lo scarabeo tra i segni o simboli suoi, e come tali si possono facilmente riconoscere quelli che portano incisioni, quali si veggono negli amuleti e si confondono cogli Abraxas.