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nei greci risplendesse maggior eleganza, sottigliezza ed omogeneità di forme, e un particolar pregio quanto agli smalti ed alle figurine; e come per ultimo nei romani prevalesse una certa bellezza direi così più maschia e soda, che si rivelava con forme più larghe, e con più grande solidità di lavoro.

Gli scavi e i ritrovamenti di cose antiche fatti a Cuma, ad Ostia, ed a Kertch in Crimea ci dettero materia di operare, e furono cagione di farne riconoscere per greci (di Cuma o di Kertch) alcuni ori che prima co’ più dotti archeologi avevamo creduti di Etruria, ed in seguito per altri scoprimenti e confronti alcuni che avevamo per imperiali romani del buon tempo ci si dimostrarono appartenere al basso impero, o alle colonie lontane. Non ci fu difficile copiare perfettamente i gioielli dell’antica Roma, ma vollero speciale fatica, perseveranza e lunghissime prove gli etruschi e quelli di Grecia a rifarne le cordelle, gli smalti e le granelline. E non è ancor molto che riguardando a traverso una lente gli ori etruschi del nostro proprio cimelio, io stesso potei scorgere come eravi nelle zone di spesse granelline (le quali sono un carattere speciale dei gioielli lavorati da quei pazienti artisti) delle mancanze come son quelle che fa lo smalto nello schizzamento dell’oro. Tale osservazione dettemi di pensiero in pensiero soggetto a tentare un nuovo processo, a fin di riprodurre quel granulato finissimo, creduto finora impossibile ad essere anche da lunge imitato dagli orefici moderni. Cominciai subito cotai novelle pro-