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Notte d’aprile, improvvisamente calda, dopo un lungo prepotente inverno che non si stancava di torturare la terra coi suoi furori. Adesso finalmente se n’era andato; e la terra dormiva tranquilla: ma era il sonno fecondo della primavera. Si sentiva l’alito tiepido dei suoi sogni di eterna fanciulla; nel silenzio si aprivano furtivi i fiori degli alberi, e quelli dei prati si sollevavano a spiare il mistero ancora non conosciuto delle stelle. L’orizzonte era fasciato da un vapore di luce, e pareva che il profumo e il tepore della notte esalassero di laggiù, da un fuoco invisibile, alimentato di legno odoroso. Era l’annunzio del sorgere della luna.

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Anche il cane dell’ovile sonnecchiava, raccolto come un cercine di felpa biondiccia sulla soglia dello stabbio. E dormiva anche il servo, nella capanna, profittando dell’as-