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E vi si intravedevano anche due fraticelli, uno che celebrava, l’altro che assisteva la messa: calvi tutti e due, ma ancora uno biondo e l’altro bruno, simili a San Francesco e Sant’Antonio eremita.

Ma non era questo il mistero che colpiva Bernardo, e che egli già conosceva da lungo tempo: quello che non conosceva era lì, sotto i suoi occhi, dove l’ira si spegneva per dar posto a uno stupore infantile: poiché l’uomo che egli cercava, vivo o morto, gli si offriva docile e vinto, disteso sulle due panche riunite della sagrestia, come ucciso dal solo desiderio di lui. Scappando dall’infenneria, il prigioniero aveva avuto modo di penetrare nei magazzini del penitenziario, dove si conservano le vesti dei condannati, e si era camuffato con un pantalone e una giacca troppo larghi per lui: adesso il suo corpo stecchito vi si disegnava dentro come uno scheletro rivestito un po’ buffonescamente da qualche spirito mattacchione. E anche le scarpe, logore e fangose, ben vicine l’una all’altra, parevano messe apposta sotto l’orlo dei pantaloni. Il viso non si vedeva, poiché i fraticelli, come al solito saliti a celebrare la messa nella chiesetta, trovato l’uomo già morto nella sagrestia, lo avevano ricoperto con una tovaglietta d’altare. Sì, la stessa della quale si servivano per