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Da otto giorni Bernardo il Nero, nero, in verità, di pelle, di capelli, di peli fitti fin sulle mani grosse e nodose, si aggirava nei boschi di castagni e di quercie della sua regione, come un orso fuggito dalla gabbia. E a volte avrebbe ringhiato come un vero orso, di ira e di ferocia, se la sua missione non lo avesse costretto ad esplorare nel più perfetto silenzio le macchie e gli anfratti del luogo precipitoso. Cercava un nemico. Nemico in questo senso che egli, Bernardo, custode carcerario, padre di famiglia, integerrimo nelle sue funzioni di guardiano d’uomini, era stato sospeso per tre mesi dall’impiego, accusato di aver favorito, o almeno permesso, la fuga dal penitenziario, e precisamente dall’infermeria dove giaceva malato o finto malato, di un giovane pericolosissimo delinquente suo conterraneo.
Le ricerche delle autorità rimaste senza risultato, adesso egli le continuava per conto suo, e non tanto per riabilitarsi e riavere subito il posto, quanto per odio e desiderio