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una bella aragosta piena. — poiché si era appunto al plenilunio, — e la cucinasse come lei sola sapeva fare.

Ed ecco infatti la signora Annetta ritorna: egli ne sente la voce maschia, e si volge a guardare verso la casa che s’intravede fra gli alberi come nel fitto di un bosco: poiché gli alberi sono grandi e la casa è piccola, tale quale era quarant’anni prima, col tetto spiovente, i comignoli dei molti camini, la loggia di ferro panciuta e dorata; la cucina e le stanze terrene al piano del marciapiede intorno, comodissime per chi è vecchio e non ama salire neppure un gradino di scala: quasi una casetta di campagna, insomma, color caffelatte; che pare si nasconda tra le fronde, vergognosa e paurosa delle grandi costruzioni che la circondano.

— Ecco l’aragosta: venti lire al chilo, se le piace.

È sempre la voce della signora Annetta, chiara e potente, anzi prepotente in modo insolito. Anche il viso di lei, placido e grasso come quello di un canonico, è increspato di sdegno: si direbbe ch’ella sia irritata per il prezzo dell’aragosta; ma il padrone, sapendo ch’ella, pur di contentarlo, non lesina sulla spesa, la guarda inquieto, prevedendo qualche cosa di peggio. Il brivido di una oscura minaccia turba la dolce quiete in-