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c’è almeno la speranza di un colore equoreo, di una trasparenza di luce: qui tutto invece è morto, opaco e arido. Monti di sassi ferrigni chiudono il breve orizzonte, e da essi precipitano, come getti vulcanici, cascate di pietre scure, che giunte al basso si accumulano, formando colline, promontori, baluardi, e altissime dune in cima alle quali, in un’atmosfera fumosa, uomini neri si agitano come demoni.
Un tetro edifizio sorge in mezzo a questa bolgia: una specie di torre del tormento, un luogo misterioso di supplizio: una scala di ferro, mobile, sale e scende sui fianchi della torre, con un rumore di torrente; e un torrente vi precipita, infatti, accompagnato da nuvole di un fumo denso che altro non è che polvere di pietre stritolate: e pietre stritolate sono le onde del torrente, e tutto è pietra, intorno: anche gli uomini intenti a quest’opera diabolica, e i bovi, i carri, le macchine, tutto sembra balzato dalle viscere del monte, e che sia la forza di espulsione del monte, e non la volontà industre dell’uomo, a creare quel caos che però, a misura che il piccolo treno vi procede sotto scivolando quasi timido, si placa, si ricompone, si armonizza, quasi, prendendo, sul margine alto della strada, forme di piramidi compatte, alle quali il sole, d’un tratto