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tornato davanti all’altare, intonava con la sua voce potente di basso. Voce che disperdeva intorno e via per lo spazio, non solo il pianto della creatura travagliata, ma tutte le miserie e tutti i dolori del mondo, e tutti li rimetteva a Chi li manda e li rivuole, a Chi affligge l’uomo per poi consolarlo.

Non tutti i cuori potevano capire quest’armonia divina, e forse neppure il mio era in quel momento capace di intenderla, poiché la mia curiosità umana si rivolgeva piuttosto alle donne inquiete che, appena uscite di chiesa le due principali protagoniste di questo dramma, se la svignavano anch’esse, furtive, con gli occhi bassi, ipocritamente sospirose.

Ed ecco che sono pur io nel loro numero; con la punta delle dita sfioro l’acqua benedetta, e nell’antica pila di marino ingiallito dal tempo mi sembra di vedere il favoloso vaso nel cui fondo verdeggia l’immortale chimera della speranza. A dire il vero la speranza che il dramma del bambino martoriato andasse a finir bene mi galleggiava fin da principio in fondo al cuore: tuttavia seguii fuori le donne, che si dirigevano tutte verso la casa a sinistra della chiesetta, come fosse la loro legittima abitazione: tutte però si fermarono davanti al portoncino spalancalo, mentre la vera padrona della casa,