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per la genterella che affolla la chiesetta, se subito dietro i pini non si intravedessero le facciate di quelle bianche costruzioni popolari, a molti piani, con le finestre e le terrazze festonate di stracci, che solo a guardarle stringono il cuore ai vecchi poeti e alle ricche donne sentimentali.

Dentro la chiesetta, però, nella rosea penombra dei ceri e del tramonto, si stava bene. Si ha un bel dire: ma la casa di Dio è sempre la miglior casa dell’anima nostra ancora bambina: ci si rifugia e ci si riposa, sicuri della protezione di un padre al quale nulla sfugge dei nostri più intimi desideri.

Di queste cose parlava, sporgendosi dal piccolo balcone merlettato dell’antico pulpito, il giovane frate bruno e calvo, quando nel silenzio intenso che accompagnava il suo sermone vibrò, prima lieve e sottile, un lamento che pareva quello di un bambino malato o abbandonato. Veniva da una delle case più vicine, usciva libero da una finestra aperta e pioveva giù dal finestrone a sinistra della chiesa: pioveva, sì, con una forza naturale, come un filo d’acqua, un raggio melanconico di luna.

Credetti di essere io sola a sentirlo, ma subito, accanto a me, nella folla delle donne, tutte con la testa coperta di poveri fazzoletti, ne distinsi una, ancora giovane, con