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beate, che ne soffrono, e così non possono confortare i loro cari, come quando sono lasciate da essi in pace. Eppure, mamma, eppure....

Eppure essa non poteva non soffrire, specialmente in quei giorni di lontananza dalla sua grande casa patriarcale, in questa dimora estranea, sebbene bella e lieta, fra gente di una razza ben diversa dalla sua; e alla solita preoccupazione si era aggiunto il senso d’inquietudine e quasi di terrore della sua incipiente maternità.

Intanto la sala si pienava di gente. Chi erano? Fantasmi. L’uscio a bussola girava silenzioso come una ruota fantastica, e di volta in volta ne sbucava una figura che, nella nebbia ancora diafana dell’inalazione, cercava cautamente un posto dove sedersi. Il tavolino centrale, coi suoi mazzi di carte e le scatole dei dadi, era già tutto occupato da persone il colore delle quali a poco a poco si spegneva in una nota grigia vaporosa. E adesso, poiché non ci si vedeva più, ai commenti ed alle esclamazioni dei giocatori di dadi succedeva un silenzio quasi imbarazzato: a scuoterlo si alzò d’un tratto una voce di tenore, in sordina. Era Rodolfo, che da una lontananza iperborea, dalla fredda altezza di una soffitta, vedeva il fumo dei comignoli di Parigi, infiammato dal ri-