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l’aria di una suora, vi trasportano nelle regioni della Papuasia bonificate spiritualmente dai coraggiosi missionari.

Passano a bassa ed alta quota aeroplani e dirigibili; nella navicella di uno di essi si ammira la testa di un’aviatrice: e lungo la strada litoranea è una corsa ininterrotta di automobili di ogni colore: pare s’inseguano, o trasportino gente che fugge un pericolo di morte, o corra verso un punto che è assolutamente necessario raggiungere.

Ma l’ora buona, quella che stacca dalla realtà pur tenendoci dentro di essa come il fiore nel vaso, è quella del primo meriggio, quando la gente è tornata a casa, e sulle terrazze dei grandi alberghi le donne, abbigliate per la colazione, sembrano, per i loro colori e la trasparenza degli sfondi, fatte di vetri di Murano: la gente modesta sta invece, dopo la borghese e parca mangiatina del mezzogiorno, nei giardinetti fioriti di girasoli, all’ombra morta dei pioppi e delle paulonie: ma veduti dalle sedie a sdraio, dopo la mollezza del bagno fatto un’ora prima, e qualche discreto sorso di albana, questi giardini si protendono in boschi fitti; coppie di amanti si guardano negli occhi, sdraiati sull’erba tropicale, che è poi la gagliarda gramigna nostrana: e non manca il ruggito del leone, che è quello del