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fuori una monetina da quattro soldi che fece vedere a Gregorio.
— Tu. Gregorio, quanto hai?
— Un milione.
— Sì, quello del signor Bonaventura. No, davvero, Gregorio, dimmi proprio, quanto hai?
— Mannaggia, lo vuoi sapere? Poiché mio padre è un povero archivista e non un mangiacalce arricchito, io possiedo solo trenta centesimi.
— È già qualche cosa più di me, — commentò Marino: e parvero diventare seri, ma anche feroci, poiché quello delle giuggiole li umiliava di nuovo brontolando:
— Micragna, micragna.
Gregorio balzò in piedi, coi pugni stretti: Marino intervenne, pacificandoli.
— Senti, poiché non abbiamo la lira per comprare il sacchetto dei fichi secchi (continuavano a disprezzare le giuggiole) andiamo a bere una limonata in due.
— Fa legare i denti al solo pensarci: e già me li sento di coccodrillo, i denti — disse Gregorio: e poiché il sole era scomparso dietro i blocchi di marmo, e la fontana, che sembrava di stalattiti, mandava un soffio di freddo, egli finse di rabbrividire, o rabbrividì davvero, nel suo vestito ancora estivo di ragazzo povero.