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una tale maschera d’angoscia che ne rimasi turbata.

— Quando te lo dico io, che Sebastiano è innocente, tu mi devi credere. E se no, a che ti serve il talento?

Questa osservazione mi lusingò da prima, poi mi fece pensare: sì, l’alata intelligenza può intendere e scavare il mistero delle vicende umane meglio che una grave per quanto coscienziosa istruttoria.

Allora lasciai che la vecchietta raccontasse la lunga e complicata storia del suo Sebastiano.

L’origine del dramma risaliva nientemeno che all’infanzia di lui, e ad una lepre addomesticata che egli aveva rubato nell’ovile attiguo a quello di suo padre.

Il padrone della lepre, anche lui ragazzo, figlio unico pure lui del pastore accanto, aveva giurato di vendicarsi. Gli anni erano passati. Sebastiano, già uomo di trent’anni, si era fidanzato e doveva sposarsi; ma alla vigilia delle nozze la promessa sposa dichiarò che non intendeva mantenere la parola data.

Per quale vera ragione non si seppe mai: si disse che le avevano dato da bere l’acqua dell’oblio; ond’ella aveva dimenticato il suo amore e non voleva più sposare un uomo che non amava.