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janas, i celebri monumenti megalitici, abitazioni o tombe preistoriche, dove la fantasia del popolo fa ancora abitare certe piccole fate generose o malefiche a seconda dei casi.
Il cielo, ad occidente, sopra il versante opposto della valle, è tutto di carminio, e al suo riflesso le foglie dei lentischi sembrano tante fiammelle.
Come l’esule che fissa l’orizzonte pensando alla patria perduta, io sto a sedere su un macigno e penso che dunque la mia carriera letteraria è finita. La mia vita oramai è simile a quella valle solitaria, senza strade, senza giardini, sotto una luce di passione che non avrà sbocco se non nelle tenebre della morte.
Sarò anch’io come il lentischio, che solo per gli umili che ne conoscono il segreto nasconde nelle sue radici la potenza del fuoco, e nel frutto selvatico l’olio per la lampada e per gli unguenti.
È troppo poca cosa, però, vivere solo per i poveri, quando si ha sedici anni e si crede di avere il diritto di esistere non sulla terra ma nel sole.
È l’ingiustizia stessa che grava sul povero: l’ingiustizia che, se solleva ancora di più sopra sé stesso l’uomo grande, arrivato al vertice della sapienza umana, atterra le creature ignoranti.